Quantcast
Channel: primi piatti – Il castello di PattiPatti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 12

O raù principesco ovvero candele col ragù napoletano del principe

$
0
0
Quando la cuoca e il principe si sono conosciuti, quest’ultimo si è informato delle doti culinarie della cuoca, in quanto proveniente da una casa in cui si magnava (e dove a tutt’oggi è drammaticamente impossibile seguire una dieta) veramente bene. A quei tempi le cose che la cuoca sapeva fare erano poche, quelle che sapeva fare bene ancor meno, ma fra quelle c’era il ragù. E qui nacque il qui pro quo, il misunderstanding… nze sò capiti: il principe è napoletano, la cuoca ha origini romagnole: la parola ragù indicava due cose nettamente diverse. Il principe e la cuoca, alla faccia del sugo, si sono sposati ugualmente, ma quello che hanno mangiato in tutti questi anni di predominio della cuoca sulla cucina era quello che a Napoli chiamano “La Bolognese”, ovvero quello che in tutta Italia, tranne che a Napoli, chiamano Ragù. Ora che il principe, coltello in mezzo ai denti, ha conquistato un pezzetto di fornello, finalmente anche al Castello si può mangiare un ottimo ragù napoletano, che regala sia il primo che il secondo piatto con salsiccia al sugo e braciola (lo sapete che il lato ingegneristico del principe ottimizza tutto, anche le stoviglie).

La leggenda racconta che ‘o raù per la sua bontà sciolse anche il cuore di un malvagio signorotto napoletano che non aveva ceduto a nessuno, nemici, amici e neppure alle parole “Misericordia e Pace” dette dal suo bambino di tre mesi (… sempre leggenda è…). Un giorno sua moglie gli preparò un sugo che però, al momento dell’assaggio si trasformò in sangue; allora lui stupito da questo incanto si riappacificò col mondo e quando sua moglie gli preparò dei maccheroni bianchi che divennero rossi, questa volta non di sangue, ma di ragù.

Qui di seguito c’è un quarto d’ora di sequenze di un film bellissimo (che consiglio vivamente di vedere),  “Incantesimo Napoletano”, che narra la vicenda di una famiglia popolana partenopea, nella quale non si sa per quale motivo, nasce una bambina che parla in milanese…  Una delle sequenze è l’elogio del raù.

Con questa ricetta la cuoca vuole anche scusarsi con Ernesto Coppola, con il quale ha cominciato la collaborazione ma poi per un lunghiiiiiiiiiissimo periodo non ha pubblicato niente. Ernè, non se li sono mangiati i tuoi meravigliosi prodotti, non ti preoccupare, è che tornata dalle vacanze la cuoca è stata un pò sfasata ed è rimasta invischiata nel loop della panificazione… ora sembra (sembra) riemersa… Quindi pian pianino stanno tornando a cucinare con la tua pasta, i tuoi legumi e i tuoi pomodori.
Visto che siamo in argomento pomodori campani, la cuoca, abitando nella “terra dei fuochi”, si sente in dovere di sottolineare che non tutto il territorio campano è inquinato dalle schifezze tossiche che Nord, Centro e Sud hanno sversato abbondantemente nel corso degli ultimi trent’anni. Province come il beneventano, l’avellinese e il salernitano (da dove arrivano i prodotti Coppola) non sanno assolutamente cosa voglia dire rifiuto tossico e le due province rimanenti (Caserta e Napoli) hanno questo problema, ma non su tutto il territorio. Quindi non affoghiamo l’economia campana: guardiamo la provenienza e compriamo con tranquillità.

Un’ultima nota di servizio: ricordate che la cuoca aveva scassato il cavalletto della macchina fotografica? Ecco, queste foto sono penose proprio per questo, abbiate pazienza fino a Natale, quando arriverà Babbo Natale a cavallo di un treppiede fotografico!

INGREDIENTI

500gr di candele (io Coppola)
1kg di fettine di manzo (locena)
400gr di macinato
1kg di salsiccia
200gr di provolone
50gr di pecorino romano
50gr di parmigiano grattugiato
50gr di uva passa 
50gr di pinoli
3lt di passata di pomodoro (io Coppola)
1 carota
1 costa di sedano 
1/2 cipolla
1/2 bicchiere di vino bianco
qualche gambo di prezzemolo
2 spicchi di aglio
olio

                                                            La ricetta del pane la trovate qui

PROCEDIMENTO (da fare il giorno prima)

Grattugiare il pecorino e il parmigiano. Tagliare a tocchetti piccolissimi il provolone. Mettere in ammollo l’uvetta per una mezz’oretta, quindi strizzarle e metterle in una ciotolina. Sminuzzare il prezzemolo e l’aglio. In una ciotola riunire i formaggi, l’uvetta, i pinoli, il prezzemolo, l’aglio e la carne macinata. Con un batticarne assottigliare le fettine di carne e farcirle con una generosa cucchiaiata di macinato saporito. Arrotolare la fettina su se stessa e chiuderla o con uno stuzzicadenti o meglio ancora con uno spagno da cucina. Quando gli involtini (che a Napoli chiamano Braciole) sono pronti, preparare il sugo. Ridurre a tocchetti carota, costa di sedano e cipolla. In un bel pentolone capiente versare tre cucchiai di olio e far soffriggere le verdure a tocchetti; versare il bicchiere di vino e far evaporare. A questo punto aggiungere gli involtini e la salsiccia a far andare un pò a fuoco vivace. Far dorare i pezzi su tutti i lati e versare i tre litri di passata. Abbassare la fiamma e far cuocere circa sei ore in maniera molto lenta (deve peppiare senza bollire), girare ogni tanto verificando che la carne non attacchi. Se necessario aggiungere acqua, ma non verso fine cottura.
Il giorno dopo mettere una bella pentola piena d’acqua sul fuoco, cuocere le candele per il tempo indicato sulla confezione e condirle con il raù. Come seconda portata non c’è neanche bisogno di cambiare il piatto: servire salsiccia e braciola direttamente nella fondina.

L’angolo del sommelier: rimaniamo in Campania. Taurasi Rosso DOCG.

(function(i,s,o,g,r,a,m){i[‘GoogleAnalyticsObject’]=r;i[r]=i[r]||function(){
(i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o),
m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m)
})(window,document,’script’,’//www.google-analytics.com/analytics.js’,’ga’);

ga(‘create’, ‘UA-57293687-1′, ‘auto’);
ga(‘send’, ‘pageview’);


Viewing all articles
Browse latest Browse all 12

Trending Articles